Intervista a cura di https://www.recensionelibro.it/intervista-paola-maria-liotta
- Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro “Piano concerto Schumann”, cosa ne diresti?
Questo romanzo nasce da un profondo atto d’amore per la vita e per la musica, che è essa stessa vita, dunque incarna il senso molteplice dell’essere in espansione, prefiggendosi di toccare i cuori e colpire le menti di chiunque leggerà. La scrittura è sempre possibilità di incontro e di condivisione (e non certo nel senso vulgato attraverso i social), sottende la speranza nell’umano e nel futuro migliore dell’umanità, anche se questi sono tempi molto oscuri, controversi e difficili. La letteratura, la cultura, l’arte, la musica, le invenzioni e le conquiste scientifiche sono creazioni dello spirito umano che fanno ben sperare e offrono dei modelli di virtù cui attingere in consapevolezza, determinazione, volontà.
- Da dove nasce l’ispirazione per questo libro in cui è vivo l’amore per la musica, ma c’è spazio anche per un atto terroristico?
Ogni libro credo nasca da un desiderio, che coniuga in sé un’avventura dello spirito e la ricerca di trovare sé stessi negli altri. Il “Piano Concerto Schumann”, l’opera di Schumann, intendo, ne è solo il medium ideale e la sua musica – in verità tutta la musica – si carica di valenze catartiche. La bellezza e la bontà, la sublime meraviglia che racchiude la percezione estetica, qui rievocata anche attraverso nomi e volti più o meno famosi, vicende, opere d’arte ed epoche storiche diverse, trovano conferme e risaltano proprio nel contrasto con la violenza, il male, la crudeltà.
- Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?
Vorrei che chiunque leggesse il mio, ritrovasse nella storia, in uno dei personaggi, in una delle passioni e degli slanci che li animano, quel quid che tutti ci unisce. Siamo capaci di grandezza e latori di messaggi profondi, belli, ardenti ma anche, spesso, inconsapevoli della bellezza del creato. La musica e l’arte diventano rivelazione dell’Infinito in ognuno di noi.
- C’è qualcosa che avresti voluto aggiungere al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?
Un libro è come una creatura che, dopo essere stata generata, deve vivere di una vita propria. Dunque, ogni libro ha una sua storia, una sua evoluzione, ma, quando è concluso, la dimensione fantastica che lo ha concepito si chiude per schiudersi al molteplice, per diffondersi e trovare nuova vita al di fuori di se stesso e del nucleo ispiratore da cui è sbocciato. Mi piacerebbe che fossero le lettrici e i lettori a inventare l’oltre della trama, l’oltre dei personaggi, l’altrove che li sprona verso nuove mete.
- Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire Piano concerto Schumann, quali useresti?
Musicale, appassionato, profondo. Un po’ tre aggettivi che mi definiscono, a mia volta, come una persona delicata, ma aerea e tenace assieme. Il nome stesso della protagonista, Fiamma Fogliani, è un inno d’amore alla vita, alla musica, all’amore.
- Perché credi si debba leggere il tuo libro?
Esattamente per quanto ho già espresso nelle risposte precedenti. Io credo fermamente nel valore dell’opera d’arte quale testimonianza di bellezza e di forza creatrice. E, ovviamente, di amore e rispetto per la vita.
- Hai nuovi progetti? Stai scrivendo un nuovo libro? Puoi anticiparci qualcosa?
Molte trame si agitano in me, il piacere della narrazione sormonta, a volte, una singola trama. Anche da docente, narro, ricreo, invento e godo di condividere con i giovani il mio amore per la lettura e per la scrittura, un po’ da inviata sul campo. È un percorso intenso e in continuo divenire, quello della scrittura. A fine estate dovrebbe uscire un testo teatrale che si ispira a una figura femminile del mito greco. Ma ho molte altre idee e ideuzze in cantiere, su cui spero e conto di poter lavorare. La massima “Nulla dies sine linea” credo mi rappresenti fino in fondo.
- Qual è il romanzo che hai letto e ti ha più colpito emotivamente in quest’ultimo anno?
Diversi libri mi sono rimasti dentro, e dunque citerò qualcuno degli ultimi, giusto per non fare un torto a nessuno di quelli letti in precedenza. Ce ne sono molti, scritti da amici e conoscenze sicché, se dovessi citarne uno solo, mi sembrerebbe di mancare nei riguardi degli altri. Ci sono testi che fanno ben sperare nel futuro della narrativa italiana e in nuove generazioni di lettori. Considerando l’estate scorsa, “L’ultima notte di Achille” mi è molto piaciuto e, fra gli ultimi, “Con le mani cariche di rose”. Leggo perché amo leggere, insomma, ma non leggo di tutto. Direi che il più ricco e minuzioso, “La lunga attesa dell’angelo” di Melania G. Mazzucco, è veramente un’opera massima.
- Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
Quello che non piace, cioè che non risponde agli interessi o alle aspettative del momento. Ci sono stati dei libri che ho letto solo anni dopo averli acquistati perché non trovavo mai il tempo di leggerli. E non trovavo il tempo di leggerli perché non mi prendevano.
- Adesso è arrivato il momento per porti da sola una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
La mia domanda è: “Paola, la scrittura è un atto d’amore?”. E la risposta, naturalmente, un bel “sì”.
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