Non si può non amare il Cantore di Laura, e non solo di Laura ma, piuttosto, della vita e dell’amore, e per varie ragioni, anche per quel suo seducente, onesto, ricercato ondivagare fra giovenili errori e consapevolezza dell'”omnia vanitas vanitatum“.
Quanto attraenti, queste ‘vanità’, e come fonte di poesia speciale, del limite e della tensione verso l’Infinito, per dirla, poi, in toni preromantici. E che dire della lungimiranza intellettuale, della tensione cosmopolita e assieme patriottica (se così può definirsi, con una certa abbondanza di misura) del Nostro, degli spiriti appassionati di quell’”Italia mia” che risentiremo vibrare nel foscoliano Carme e nei versi di tanto Ottocento?
Quanto Petrarca risentiremo qua e là nel corso dei secoli in tanta nostra poesia, persino nel Corpus dei Sonetti attributi a Shakespeare (con riferimento ai Trionfi), così come nel “Sentimento del tempo” ungarettiano?
E risentiamoci, in esso, pure Agostino e quelle meditazioni intensissime, umane, prima che religiose, sulla grandezza dell’anima e sull’humanitas, rivelata attraverso la latinità e i suoi valori.
Un testo che considero prezioso nell’approdo a Petrarca, alla sua lirica, al suo universo, è “L’amoroso pensiero” di Marco Santagata, ovvero “La storia segreta del libro che ci ha insegnato a parlare d’amore”, edito da Mondadori nel 2014.
Su una canzone petrarchesca, lo scritto di quel concorso a cattedra cui devo la mia carriera di ruolo, dunque la possibilità di coltivare quanto di più bello possa esserci nel rapporto con i giovanissimi: l’amore per i tesori che la letteratura ci tramanda, per quei valori dello Spirito che essa incarna sub specie aeternitatis. Perciò, istinti distruttivi e autodistruttivi della specie umana permettendo, è la letteratura, per come essa stessa si fa vita ed è vita, a renderci molecole pensanti, attive e propagatrici di un infinito percorso verso “virtude” e “canoscenza“.
(Foto tratte da internet)
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